QUEL FUOCO PER NOI
Di Claudia Lo Blundo 
  
SECONDA PARTE- Uno strano orfanotrofio 


Uffa! Le serate uggiose come questa non mi piacciono. Non viene nessuno e io mi ritrovo a pensare. Invece, odio pensare, ragionare, ormai preferisco vivere alla giornata: è più semplice!
I ricordi sono sempre dolorosi, ti portano indietro nel tempo, sono come le ciliegie: fuori uno dentro l’altro.
Il pensiero non è un’azione, il pensiero è un guizzo e i ricordi sono così: ti si presentano alla mente all’improvviso!
Sin da piccolina ho vissuto diversi anni in orfanotrofio e una sera iniziai a prendere l’abitudine di scrivere quel che ricordavo del periodo in cui, anni prima, avevo vissuto con mia madre. Lo facevo di nascosto perché sapevo che, se se ne fosse accorta, la sorvegliante avrebbe strappato i miei scritti.
Quando sono cresciuta mi sono resa conto che, più che ricordi di vita con mia madre, avevo scritto dei sogni. I sogni della vita che avrei voluto vivere con lei perché, lei, era morta quando ero troppo piccola e quindi si trattava di ricordi impossibili: poteva trattarsi solo di sogni!
Come é morta?
Alla mia domanda la voce della zia aveva assunto un tono di voluta indifferenza:
“Come è morta? Così,…si muore…un incidente, cose che capitano tutti i giorni: una banale caduta dalle scale e…”
E… se ne era andata via per sempre.!
Di lei non avevo nulla, né una foto, né un niente di niente; se non avessi dovuto avere necessariamente una madre che mi aveva partorito, ecco, avrei potuto dire di essere venuta dal nulla.
Nessuno mi parlava di un padre, ma di sicuro dovevo averlo avuto anche io, come lo avevano le mie compagne: un padre volatilizzato anche lui che, ho capito dopo, sempre dopo, forse non aveva mai saputo della mia esistenza.
Un giorno, all’orfanotrofio, era venuta a trovarmi una donna: era grassa, con un vestito marrone e i capelli neri tirati in una crocchia sulla nuca.
Subito, di lei, mi aveva colpito un grosso neo peloso, attaccato proprio alla base della narice sinistra, che la rendeva ancora più brutta se non lo fosse stata già di suo.
Noi bambine aspettavamo sempre una mamma e un papà venuti da un altro mondo e che ci avrebbero portato in un altro mondo, dove il cielo è sereno, le case calde, il cibo abbondante.
Invece, per me, giunse quella donna!
La sorvegliante mi assicurò che era mia zia. Lei, la zia, mi disse di essere sorella della ‘tua povera mamma’, disse proprio così e aggiunse che, poiché avevo dodici anni e sarei stata in grado di badare a me stessa, era venuta a prendermi: sarei andata a casa sua e si sarebbe presa cura di me.
Dopo qualche anno di forzata convivenza, e dopo le ripetute volte in cui diceva: “Stai attenta perché sangue non mente”, mi disse, in malo modo, che mia madre non solo era viva, da qualche parte, ma se la spassava allegramente con uomini diversi.
Accuse bugiarde, così le ritenetti: non mi fecero tanto male quanto me ne fece il tono di quella voce che vomitava parole immorali contro una madre e di cui una figlia non può non vergognarsi. Poi, mentre stava per aggiungere qualcos’altro, almeno così mi sembrò, tacque, si girò su se stessa e si allontanò da me. Non tornammo più sull’argomento ma, ecco, a distanza di anni sento il male ricevuto da quelle parole: un pugno allo stomaco.
Mia madre era viva!
Si, però…!
Alla gioia della notizia era subentrato un altro più crudo pensiero. Allora, non mi aveva voluta: mi aveva lasciata per anni in quell’istituto a rimpiangere la sua presenza. Così iniziai a odiarla per il male che mi aveva fatto.
Di una cosa solamente sono grata alla zia: di avermi fatto studiare. Talvolta mi soffermavo a chiedermi come mai lei, che viveva ben miseramente e per mantenersi faceva lavori in casa di alcune famiglie, come mai era in grado di mantenermi a scuola?
Si trattava di rapide riflessioni; si sa, da ragazzini non ci si sofferma su questi pensieri né su questioni economiche. E poi credo che la zia si fosse presa un impegno nei miei confronti: voleva insegnarmi a ragionare perché, secondo lei, dovevo imparare a difendermi dalla sporcizia che esiste nel mondo,‘leggi: uomini’.

Commenti

Post più popolari