Li surfarara e la Festa di Pasqua di Salvatore Granata - Prima parte


Li surfarara e la "Festa"
di Salvatore Granata 


Prima Parte 
Premessa







Lo scopo di questo mio breve intervento non è stato quello di scrivere come si svolge la festa di Pasqua a Riesi, ma di evidenziare come e perché essa si sia evoluta nel corso dei tempi in relazione alla trasformazione socio-economica e culturale della cittadina, dopo l’apertura delle miniere di zolfo. 
Soltanto verso la metà del XIX secolo gli zolfatai iniziarono ad occuparsi dell’organizzazione dei riti attinenti la Pasqua, in tempi più remoti furono state le confraternite. Da allora tutta la Settimana Santa assunse una specifica tonalità sociale e persino lo stesso cerimoniale divenne il riflesso dell’attività mineraria come si può individuare nel rituale di li maschiati o in quello della processione del Venerdì Santo mattina quando, nella cerca affannosa del figlio da parte dell’Addolorata, sembra di rivivere la trepidazione e la disperazione delle donne che corrono per le strade del paese alla ricerca di notizie sui loro mariti e figli dopo i disastri verificatesi in miniera.
La valorizzazione e la tutela dei riti pasquali e del lavoro minerario o di altre manifestazioni di interesse etnoantropologico ci permetterà di raccogliere un patrimonio importante per l’acquisizione della nostra identità culturale e per un progetto futuro di ripresa socio-economica.
Ringrazio tutti quelli che con un consiglio, un incoraggiamento, un suggerimento mi hanno indirizzato e sorretto nello studio e nella ricerca appassionata di documenti e notizie che mi hanno permesso di realizzare questo modesto lavoro sugli zolfatai e il loro rapporto con la festa. Desidero poi ricordare Gaetano Tusa, un caro amico, al quale debbo un particolare riconoscimento per il suo sostegno morale e scientifico. Mi preme altresì sottolineare il continuo supporto e il costante incoraggiamento che ricevo da Francesco Lo Grasso e Rosario Riggio che mi permette di continuare, nonostante le molte difficoltà, lo studio e la ricerca sulle nostre tradizioni. 






Riesi, centro abitato della valle del fiume Salso, sito nel cuore della Sicilia, è stato nel passato, sede di molte miniere di zolfo. Fiore all’occhiello dell’economia di questo comune fu l’attività mineraria che, iniziata nei primi del 1800 e diffusasi nell’intera vallata, riuscì a fornire buona parte della produzione mondiale, “caratterizzandosi come una vera e propria industria isolata, nel bel mezzo di una regione contadina nella quale rimanevano ancora, ben salde, le strutture feudali il cui sistema veniva applicato anche all’attività estrattiva dello zolfo” (Tusa, 2007).

Tuttavia le origini di questo centro risalgono a tempi più remoti. Infatti, “Verso il 1600 il Barone Altariva, desideroso di popolare i suoi latifondi, accordava terreni in enfiteusi, usi civici ed altre facilitazioni a quelli agricoltori, che si fossero recati a fondare un borgo là dove ora sorge Riesi. Dopo varie vicende il borgo sorse: e visse esclusivamente dei prodotti dell’agricoltura e della pastorizia.” (Baglio, 1905, p.121).
Fu così che Riesi, in principio, fu abitato da persone provenienti dagli altri paesi vicini che secondo il Baglio “erano poco religiosi e punto bigotti; avevano spirito avventuriero; erano rischiosi, facili a vivere di preda, facili al delitto di sangue per vendetta e per punto d’onore. Riesi ebbe nomea di terra bruciata, terra scomunicata, il riesino era temuto; e riisanu fu sinonimo di uomo intelligente, spaccone, manesco, poco curante della religione, sprezzante della propria vita.” (1905, p. 121).
Purtroppo molti uomini non trovavano lavoro nell’agricoltura “perché il territorio di Riesi era ed è piccolo; ed erano molti uomini di mestiere incerto, di spirito audace, rischiosi che cercavano fonti di risorse” (Baglio, 1905, p.121). In pratica la scelta di lavorare nelle miniere per il riesino fu obbligata, tant’è che “quando iniziarono i primi lavori minerai nel territorio di Riesi, Barrafranca, Mazzarino e Butera, i primi solfarai furono quasi esclusivamente riesini, e furono solo poche e determinate famiglie - a parte quelle proprietarie di solfare - che si diedero al nuovo mestiere” (Baglio, 1905, p.121-122).
E’ Probabile che parecchi dei nuovi abitanti non furono solo attratti dai benefici concessi dal Barone Altariva, alcuni vennero da “[...] fuori a trovare pane e lavoro e persino fortuna. Qui è d’uopo smentire di sana pianta una diceria che alcuni fanno circolare e cioè che Riesi fu una terra di domicilio coatto. Ciò non è vero. Coloro i quali venivano qua erano attratti dal guadagno per mezzo del lavoro. Certamente non si può negare che chi sta bene nel proprio paese, generalmente non si muove, che dei facinorosi ve ne furono, ma fra questo fatto e dire che Riesi era una terra di coatti, ci corre!” (Ferro, 1934, p. 51).

Commenti

Post più popolari