C'era una volta la miniera  5° Racconto 
Lo zolfataio idrofobo
Una delle pagine più tristi della storia della storia di Riesi, è quella capita al zolfataio Giuseppe Vinci. Questo aneddoto raccontato da altri scrittori in passato, è avvenuto durante il periodo della sindacatura  di Gaetano Pasqualino.  Un giorno lo zolfataio Giuseppe Vinci, finisci di lavorare alla miniera Tallarita, e insieme agli altri zolfatai, cominciarono a dirigersi verso Riesi per ritornare a casa, attraversando le diverse campagne. Ad un tratto, davanti a Vinci, gli si presenta un cane molto aggressivo, che lo punta e lo attacca immediatamente mordendo la mano del povero zolfataio. Allora immediatamente i suoi compagni cominciarono ad allontanare il cane colpendo con pietre. Ma il cane si stava dirigendo verso la miniera Tallarita, quanto questo venne raggiunto da un colpo di fucile di un contadino.
Giuseppe Vinci, si osservò la ferita, si porto il braccio sulla bocca per potersi aspirare il sangue della ferita. Poi il sig. Vinci prosegui il suo tragitto fino a casa, ridendo e scherzando di quanto gli era appena successo  con i suoi colleghi, che lo guardavano preoccupato .
Arrivato a casa, racconto alla famiglia, tutto quello che gli era successo prima, tranquillizandoli che non gli era successo nulla di grave. Infatti l’indomani ritorno a lavorare regolarmente. Dopo una settimana, una notte la moglie dello zolfataio, si sveglia, e vedeva che suo marito, sudava, sbavava da qualsiasi parte, e cominciava a ringhiare di dolore come se fosse un cane. La donna si alzo immediatamente, spaventa, e fece uscire immediatamente i figli per non farli spaventare. Infatti l’uomo comincio a diventare violento, a distruggere qualsiasi cosa che gli capitava davanti. Queste reazioni dimostrarono di essere degli attacchi della malattia della rabbia che l’aveva presa con il cane randagio, che era infetto e glie l’ha trasmessa quanto l’ha morso. A questo punto la donna non poteva entrare in casa, e se si faceva uscire poteva diventare un pericolo pubblico. Per questo chiese consiglio al sindaco Pasqualino, che ordino ai carabinieri di murare l’uscio della casa. Se da una parte la donna disse di “si”, dall’altra in cuor suo non voleva fare una cosa del genere a suo marito. Dopo pochi giorni, decise insieme al sindacato, di attuare una soluzione estrema, poiché i sintomi non si calmavano. Riaprirono il muro dell’uscio, la donna consegno all’uomo idrofobo una mela avvelenata, se la mangio, e in questo modo finì la vita di Giuseppe Vinci.

Giuseppe Calascibetta

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