C'era una volta la miniera 5° Racconto
Lo zolfataio
idrofobo
Giuseppe
Vinci, si osservò la ferita, si porto il braccio sulla bocca per potersi
aspirare il sangue della ferita. Poi il sig. Vinci prosegui il suo tragitto
fino a casa, ridendo e scherzando di quanto gli era appena successo con i suoi colleghi, che lo guardavano
preoccupato .
Arrivato a
casa, racconto alla famiglia, tutto quello che gli era successo prima,
tranquillizandoli che non gli era successo nulla di grave. Infatti l’indomani
ritorno a lavorare regolarmente. Dopo una settimana, una notte la moglie dello
zolfataio, si sveglia, e vedeva che suo marito, sudava, sbavava da qualsiasi
parte, e cominciava a ringhiare di dolore come se fosse un cane. La donna si
alzo immediatamente, spaventa, e fece uscire immediatamente i figli per non
farli spaventare. Infatti l’uomo comincio a diventare violento, a distruggere
qualsiasi cosa che gli capitava davanti. Queste reazioni dimostrarono di essere
degli attacchi della malattia della rabbia che l’aveva presa con il cane
randagio, che era infetto e glie l’ha trasmessa quanto l’ha morso. A questo
punto la donna non poteva entrare in casa, e se si faceva uscire poteva
diventare un pericolo pubblico. Per questo chiese consiglio al sindaco
Pasqualino, che ordino ai carabinieri di murare l’uscio della casa. Se da una
parte la donna disse di “si”, dall’altra in cuor suo non voleva fare una cosa
del genere a suo marito. Dopo pochi giorni, decise insieme al sindacato, di
attuare una soluzione estrema, poiché i sintomi non si calmavano. Riaprirono il
muro dell’uscio, la donna consegno all’uomo idrofobo una mela avvelenata, se la
mangio, e in questo modo finì la vita di Giuseppe Vinci.
Giuseppe Calascibetta
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