Butera, un comune solitario
Circa un
anno fa, il nonno di un mio amico, mi regala un libro scritto da un ragioniere
buterese di nome Michele Federico, parente di sua moglie. Su di lui ho cercato
delle informazioni, ma non ho ottenuto niente; per questo ho deciso di fare delle ricerche
più accurate che mi ha permesso di analizzare la storia e il pensiero di
Federico. L’autore nasce il 19 febbraio 1945 a Butera. Conseguiti gli studi di
Ragioneria, decide come molti buteresi di emigrare in Germania, e di conoscere
le nuove realtà industriali, sconosciuti nell’entroterra siciliano. Dopo una
breve permanenza all’estero rientra nel suo comune di origine dove trova lavoro
come ragionere all’Ospedale Federico Branciforti. All’età di 48 anni trova la morte, l’8 giugno
1983. Dopo due anni i loro parenti, per omaggiarlo fanno pubblicare un saggio
economico dal titolo “Butera, un comune solitario”, da parte della casa
editrice Paruzzo. Lo studioso inizia la sua relazione partendo da un indagine
fatta a livello nazionale su tutti i comuni che non hanno un propria autonomia,
ma che rappresentano delle periferie da un punto di vista economico e
demografico delle grandi città di provincia. Di questi comuni è stata fatta una
classificazione in tre categorie: paesi solitari, paesi discarica e paesi
cuscino. Alla base di questa classificazione Butera è stata inserita tra i
comuni solitari, visto la sua posizione collinare, e le sue alture, che in
passato rappresentavo uno strumento di difesa dagli attacchi dai paesi
circondari. Ma proprio questa sua posizione impedisce il raggiungimento di
questo comune per la mancanza di vie di comunicazione che sono di difficile
accesso. A questo si deve aggiungere al fatto, che Butera come tutti i comuni
della provincia di Caltanissetta, dopo la seconda guerra mondiale, hanno
assistito un notevole flusso emigratorio verso l’Italia del Nord e dei paesi
europei, per riuscire ad ottenere e vivere quel benessere industriale e
consumistico, che veniva mostrato tramite le TV, e che ognuno di loro doveva
raggiungere. Ecco che questo ha provocato lo svuotamento, lasciando la gente
del luogo la possibilità di continuare a coltivare quegli appezzamenti di
terra, tanto conquistati con le lotte contadini nei confronti dei latifondisti.
Per questo anche Butera è stata costretta a modernizzarsi ed adottare nuovi
impianti meccanici nell’attività agricola, che ha permesso di aumentare la
produttività e ridurre il tempo per il raccolto. Tutto questo a discapitò
dell’occupazione. Una società che il Federico, descrive in maniera lucida e
attuale, inserendo nella prima parte un certo pessimismo. Per lui infatti
Butera come tutti gli altri paesi attualmente sono subordinati a Caltanissetta,
città industrializzata, dove la quantità e la frequenza dei servizi è superiore
rispetto agli altri comuni limitrofi, e per questo attira nel suo raggio questi
comuni solitari. Un modello che in un certo senso va a rappresentare il Modello
Gerarchico elaborato dallo studio Crystller. Nella parte finale di questo
saggio, l’amarezza viene sostituita dalla fede che i giovani buteresi possano
cambiare il suo comune nativo.
Giuseppe Calascibetta
Grazie per il suo articolo, a nome della famiglia Federico.
RispondiEliminaSono il figlio di Michele, e spero di poterla conoscere per ringraziarla di persona
Buon giorno sig. Federico, mi fa piacere che gli sia piaciuto questo breve articolo sulla storia di suo padre. Spero che ci sia la possibilità di conoscerci. Gli lascio la mia emai giuseppecalascibetta@gmail.com, cosi abbiamo la possibilità di contattarci.
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