C'era una volta... la miniera

2° Racconto. Figli dello Zolfo. 

Nella miniera non c’è tempo per piangere, commemorare, ricordare.  "Si deve scavare, vivere nel buio e sognare di vedere la luce"


Alla miniera Trabia-Tallarita, non sono soltanto morti, zolfatari e carusi, ma persero la vita anche tecnici considerevoli, che disponevano di elevate qualifiche professionali nell’ambito dell’attività mineraria. Tra questi possiamo ricordare l’ingegnere Riccardo Travaglia, alunno dell’ingegnere Sebastiano Mottura, fondatore nella fine del 1800, della Scuola Mineraria di Caltanissetta; e Luigi Fiorentino, perito minerario, e alunno anche lui dell’ing. Mottura.

Per capire l’importanza di queste tre personaggi, che hanno influenzato la storia delle miniere nissene, ma anche la storia dello zolfo in Sicilia, facciamo un excursus che ripercorre la loro storia, fino a quel tragico giorno  del 1 agosto 1883, dove sono morti Travaglio e Fiorentino.
Per poter ricostruire la loro storia ci affidiamo alla biografia raccontata di Michele Curcuruto, nel suo manoscritto I signori dello zolfo.
Riccardo Travaglia nasce a Verona nel 1851. Prende la laurea nel 1874, presso la Scuola di Ingegneri di Padova. Nel 1878, venne destinato al distretto minerario di Caltanissetta , che era fra i più ambiti degli ingegneri minerari del nord. Questo perché a Caltanissetta è stato istituito la scuola mineraria, da parte di Sebastiano Mottura, ingegnere minerario di fama internazionale; è secondo perché la Sicilia, era importante per le sue miniere di zolfo. L’ing. Travaglia insieme all’ing. Baldacci, con l’esperienza di Sebastiano Mottura, realizzano la prima carta geologica della Sicilia. Infatti sono stati per 10 anni in viaggio per tutta la Sicilia, viaggiando con i muli, determinare i diversi strati geologici che compongono la regione.
Fu professore dal 1889 al 1893, presso la scuola mineraria di Caltanissetta; successivamente abbandono il Corpo delle Miniere, per istituire una società privata del commercio dello zolfo, a livello internazione, la “Anglo-Sicilian Sulphur Company Limited”, che ha permesso di superare la crisi che ha travolto le miniere.
Luigi Fiorentino, nacque a Villarosa nel 1847. Si diplomò come perito minerario presso la scuola mineraria di Sebastiano Mottura di Caltanissetta, nel 1867. Tre anni dopo, venne assunto al Regio Corpo delle Miniere di Caltanissetta, ma anche egli passò alla gestione dell’industria privata.
Adesso andiamo avanti con la nostra discussione, per raccontare la loro tragica morte avenuta nel 1 agosto del 1883, nella miniera Trabia, quanto era gestita dalla ditta Luttazzi e Nuvolari.
Erano le ore 10 del mattino, l’ing Travaglia insieme al perito minerario Fiorentino, chiedono insieme ad altri collaboratori di scendere nella sezione Giulia, per poter fare degli accertamenti sulle condizione del sottosuolo. A questa spedizione parteciparono pure Attilio Bassani che in assenza dell’ing. Giulio Luzzati, era direttore dei lavori della sezione Giulia; poi era presente l’ing. Fabbri direttore della miniera Trabia.
Erano presenti pure Antonino Cervello, Salvatore Rottigliano, l’avvocato Giuseppe Anelli, tutti guidati dai due capimastri Raffaele Arato e Croce Ferrigno.
Appena arrivati in fondo alla discenderia, e dopo aver chiuso la porta, che mette in comunicazione con la galleria, il capomastro Arato, fa notare al gruppo, che c’era un forte presenza di acido solforico in aria e che non era molto prudente andare avanti, perché il caldo esterno, blocca la circolazione dell’aria all’interno della miniera, quindi non si ha un ricambio d’aria. Allora l’ing. Fabbri, gli risponde ritenendo, che era opportuno andare avanti, verso l’avanzamento poiché loro sarebbero ritornati la sera, e con l’aria fresca avrebbe determinato un ricambio d’aria. Infatti i zolfatai in quel periodo estivo lavoravano solamente la notte dalle 21.00 fino alle 7.00 del mattino.Per questo il gruppo decise di andare avanti, e continuare a fare i rilevamenti. Mentre gli ingegneri parlavano animatamente sul da farsi all’interno della miniera, loro andavano avanti verso la galleria. A un certo punto  l’ing. Cervello disse a tutti di fermarsi, perche sentiva che l’aria stava diventando più viziata e che avvertiva l’ esalazione di acido solforico, e quindi ha chiesto di ritornare indietro. Allora l’ing. Fabbri decise da solo di procedere almeno 10 metri, per vedere se si poteva camminare. Dopo di ciò l’ing. Travaglia, cadde immediatamente, disteso per terra per l’avvelenamento del gas, e subito dopo anche l’ing. Fabbri. A questo punto glia altri cercarono di dargli aiuto, ma caddero come birilli immediatamente.  Dopo cinque minuti, il capomastro Arata riesce a rivenire, e comincio a scappare andando verso l’uscita della galleria, per dare l’allarme.
Il capomastro Ferrigno, riuscì a riprendersi, e comincio a trascinare l’ing. Cervello, l’ing. Fabbri e l’avvocato  Anelli, che erano svenuti, fino all’uscita della galleria, dove già c’erano pronti la squadra di volontari del pronto soccorso. Allora il Ferrigno ritorno indietro per salvare l’ing. Travaglia, ma lui riuscì a cadere per terra e non si riprese, allora i soccorsi che erano dietro di lui, portarono con se, verso l’uscita il cadavere di Travaglia e il corpo di Ferrigno che era solamente svenuto.
Intanto l’ing. Bassani, che si era ripreso subito, comincio a correre più che poteva verso l’uscita della galleria, ma subito dopo si accorse di essere andato nella direzione sbagliato, infatti non era andato verso al discenderia, ma bensì verso il pozzo. Allora trovo subito la corda che collegava con l’allarme verso l’esterno. Impugno la corda, ma questa si ruppe, allora comincio a gridare aiuto più che poteva verso l’esterno.  Qualche squillo dell’allarme, venne avvertito dai conduttori all’esterno.  Per questo i zolfatai li sopra riuscirono a mandare una corda all’interno del pozzo, e l’ing. venne cosi salvato. Anche l’ing. Rottigliano si salvo da solo, ma in base al verbale fornito  da Curcuruto, non dice il modo ci come si è salvato.
Di questo evento si sono salvati tutti, tranne l’ing. Travaglia e il perito minerario Fiorentino.


Giuseppe Calascibetta




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