C'era una volta..... la miniera  
I°RaccontoSciopero della Miniera Trabia-Tallarita. 1917


I fatti che adesso ci accingiamo a raccontarvi, si sviluppano nel mese di marzo del 1917. In quel periodo l’Italia era in guerra, e combatteva contro l’impero Austro-Ungarico. Per questo, con decreto nazionale, la maggior parte degli stabilimenti industriali, dotati di impianti meccanici, in tutta la Sicilia, vennero militarizzati e riuniti sotto il controllo del Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale con sede a Palermo. In quegli anni alla miniera Trabia-Tallarita, gli scioperi erano all’ordine del giorno, e le ditta Luzzati, non ne poteva più delle continue astensioni di lavoro, che gli determinava una serie di perdite economiche. Ma con l’introduzione del sopra detto decreto, promulgato il 25 febbraio, la miniera doveva essere sorvegliata, al suo interno, dall’esercito, per contrastare i nemici austriaci, nel caso invadessero la Sicilia, e per evitare gli scioperi e le ribellioni degli operai, che sono stati esonerati dal servizio militare, poiché potevano essere maggiormente utili alla nazione, attraverso lo svolgimento del loro lavoro, necessario per usi bellici. La questione dei salari, fu risolta immediatamente, e per questo furono eliminati i contrasti tra gli industriali e gli operai.I zolfatai non erano tanto contenti di questa situazione, per questo con un assemblea straordinaria della “Società Lega Zolfatai” di Riesi, decisero ad unanimità di attuare lo sciopero, ignorando le raccomandazioni degli industriali sulla presenza dell’esercito che li avrebbe potuto arrestare. Loro non ascoltarono le raccomandazioni e fecero sciopero. Il tenente di Fanteria, Buongiorno, che è era stato incaricato, con il suo esercito della sorveglianza della miniera Trabia-Tallarita, chiamo i due tecnici delle relative miniere: il geom. Angelo Buscemi che si occupava della Tallarita; e il geometra settentrionale Gianni del Tinn, che gestiva la Trabia. Ognuno di loro elenco i nomi degli operai che avevano aderito allo sciopero. Questo elenco venne trasmesso alla stazione dei Carabinieri di Riesi; questi chiamarono a uno uno, gli zolfatai che erano contenuti in quelelenco, dopo di ciò vennero rinchiusi in una camera di sicurezza. A mezzanotte, tutti gli zolfatari arrestati, vennero fatti salire sui carri trainati dagli asini, e portati alla stazione di Ravanusa, dove li aspettava un treno con un vagone blindato, che li doveva trasportare a Palermo. Arrivati a destinazione, vennero portati al carcere di Lucciardone. Arrivati a destinazione, furono scortati all’interno del carcere, e il direttore chiese quali sono le accuse emesse contro di loro. Dopo che li ascolto, decise di rifiutare i zolfatai resini. Nuovamente gli arrestati furono fatti salire su un treno, sempre all’interno dei vagoni di sicurezza, per essere trasportati a Porta Nova, dove risiedeva l’esercito Italiano. All’epoca all’interno delle camere di sicurezza , erano presenti due Mastelli, che erano due bagni necessari per i bisogni corporali. Quelle notte, mentre erano trasportati verso Porta Nova, succede che i due Mastelli, si riempiono e si distruggono, queste si rovesciano su tutta la superficie del vagone, creando ovviamente sdegno e senso di nausea a tutti i passeggeri. Uno dei zolfatai che era stato arrestato ingiustamente, poiché non partecipo allo sciopero, ma venne arrestato ugualmente per capriccio del suo direttore, comincio a sentirsi male, e cominciarono anche a vedersi i primi segni della malaria, che aveva gia preso in miniera. Allora tutti cominciarono a gridare, chiedere aiuto, sbattere i pugni sulle pareti per farsi sentire dalla sentinelle, ma non ricevevano nessuna risposta. Dopo qualche mezzora di chiasso, si apri uno sportellino e una voce autorevole chiese cosa stesse succedendo. Uno di loro rispose che un loro compagno di lavoro stava morendo per la malaria, allora l’autorità gli chiese “Siete Riesiini?”, e l’altro rispose di “Si”, e allora l’autorità gli risponde “Scattati e muriti come cani”.La trama di questa storia è stata riportata da Luigi Butera nel suo manoscritto “Uomini, fatti e aneddoti nella storia di Riesi nella prima metà del novecento”, dove raccontava che i resini purtroppo avevano una brutta fama in tutta la Sicilia, di essere delinquenti e criminali, e per questo ogni qualvolta un riesino andava fuori dal suo paese veniva denigrato come mafioso o criminale, o come è successo in questo racconto è stato abbandonato a se stesso.

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