2022. Il tempo dell’IMMAGINE? O il tempo della FOTOGRAFIA? Intervista a Claudio Tizzani presidente della Società Fotografica Subalpina di Torino. A cura di Giuseppe Calascibetta


Nei giorni scorsi sono stati ospite a Torino di Claudio Tizzani presidente della Società Fotografica Subalpina nata in Italia nel 1899. Seduti davanti a un cocktail, mi racconta come la loro associazione è stata la prima realtà fotografica nata in Italia che ha ospitato importanti artisti fotografi tra cui l’architetto Franco Fontana. Ogni giovedì della settimana, i soci si riuniscono per parlare di fotografia; in più durante l’arco dell’anno, organizzano contest fotografici e workshop. In più collaborano con Camera, il Centro Italiano  della Fotografia. 

Che contributo ha dato la città Torino alla fotografia italiana?

In Italia i primi esperimenti di fotografia sono stati fatti a Torino da Jest e Rosetti nell’ottobre del 1839 con una macchina di loro costruzione basata sui progetti di Daguerre. Le prime fotografie italiane sono delle vedute della Gran Madre, di Piazza Castello e di Palazzo Reale realizzate con la tecnica del dagherrotipo.        Dai primi emuli torinesi di Daguerre nasce il 4 aprile 1899 la Società Fotografica Subalpina che con i suoi 123 anni di storia è la più longeva associazione fotografica italiana e la quarta al mondo. Ha annoverato fra i soci fotografi di fama internazionale quali Carlo Mollino, Cesare Schiaparelli, Secondo Pia (l’avvocato che per primo fotografò la Sacra Sindone), Domenico Riccardo Peretti Griva che divenne famoso per la tecnica del bromolio trasferto.

Nei primi anni del ‘900 si inaugura la prima mostra nazionale della fotografia alla quale fa seguito la prima mostra internazionale. Nel 1904 sotto l’egida della Società Fotografica Subalpina nasce la rivista “La fotografia Artistica” diretta da Annibale Cominetti che continuerà la pubblicazione fino all’avvento della prima guerra mondiale. La rivista privilegia l’aspetto artistico della fotografia equiparandolo di fatto alle altre arti visive. Nel corso degli anni l’attenzione che Torino ripone per la fotografia non è venuta meno grazie a realtà come la GAM (che conserva il primo scatto realizzato in Italia cioè il dagherrotipo con la veduta della Gran Madre di Torino), Camera centro italiano per la fotografia e Gallerie d’Italia che da poco ha inaugurato la sua sede in piazza San Carlo.

Perché la fotografia è stata riconosciuta come arte solo recentemente?

Perché ha dovuto ritagliarsi uno spazio all’interno del mondo dell’arte essendo una tecnica di produzione di fotografie che consentiva a chiunque anche senza una specifica abilità manuale di riprodurre oggetti, paesaggi e persone. La fotografia era ritenuta come una tecnica per riprodurre la realtà e non come un mezzo di espressione. Non era ritenuta una forma d’arte pura. É un processo di affrancamento lento iniziato negli anni ’20 con i coniugi Becher per maturare e concludersi negli anni ’80 e ’90 del novecento che ha portato a identificare la fotografia come forma d’arte autonoma che non imita la pittura o la scultura ma indaga la realtà attraverso un linguaggio autonomo e autorevole.


Perché tutti sanno scattare una fotografia ma molti hanno difficoltà a saperla leggere e interpretare?

Riuscire a costruire uno sguardo autonomo e personale è il modo migliore per poter cogliere tutte le sfumature di una fotografia. La difficoltà è nel raggiungere la libertà dello sguardo, condizione necessaria per approcciarsi ad una lettura autentica di un’immagine abbandonando preconcetti e pregiudizi non motivati. Per raggiungere questa libertà è fondamentale non soffermarsi alle proprie foto ma vedere le foto degli altri attraverso i libri e le mostre fotografiche.

Perché abbiamo una cultura dell’immagine ma non abbiamo una cultura della fotografia?

Perché oggi viviamo nella civiltà dell’immagine autoreferenziale che porta a realizzare immagini a valanga e a guardare (e dimenticare) migliaia di fotografie. E’ necessario riappropriarsi del tempo, che è il miglior alleato del fotografo, per poter essere meno superficiali e alimentare le proprie idee. Fondamentale è anche ritornare a stampare perché solo stampate le immagini possono diventare fotografie e veicolare l’idea fotografica dell’autore.

Secondo lei è fondamentale parlare del linguaggio fotografico e dei suoi usi nelle scuole?

Si per me lo è e auspico che possa diventare materia di studio in tutti i gradi scolastici. É un linguaggio universale che ti consente non solo di esprimerti ma anche di poter leggere le migliaia di fotografie che fagocitiamo ogni giorno.


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